Canfora Luciano - 2018 - La scopa di don Abbondio by Canfora Luciano

Canfora Luciano - 2018 - La scopa di don Abbondio by Canfora Luciano

autore:Canfora Luciano
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: Social Science, Popular Culture, Scienze sociali, Saggistica, Scienze politiche, Political Science, Economic Policy, Public Policy
ISBN: 9788858134818
editore: Laterza
pubblicato: 2018-09-18T22:00:00+00:00


8.

Che fine fecero gli «impazienti»

Nel giustamente celebre «Discorso del Campidoglio», detto anche «Discorso agli italiani» (24 giugno 1943), che segnò la successiva sua vicenda personale e politica, Giovanni Gentile definì i comunisti «corporativisti impazienti». «Tutti i popoli – disse, ed è giusto considerare qui l’intero contesto – si orientano ormai verso questo ideale dello Stato corporativo, che è in cammino. Processo di formazione difficile, che oggi è appena al suo inizio. Ma sentono tutti che esso è l’avvenire»47. Ciò dicendo, Gentile fornisce, in breve, un’analisi corretta della tendenza principale dell’economia mondiale. È ormai un dato acquisito, per lo meno a partire dallo studio pionieristico di Charles Maier sul «corporatismo» come fenomeno che si viene affermando nei Paesi europei nel corso degli anni Venti48. Ma si potrebbero ricordare qui anche le riflessioni di Gramsci nel Quaderno 8 sul corporativismo come «economia media», né «individualistica pura» né «cataclisma radicale in forma sterminatrice»49. E rientra in questa visione anche il New Deal rooseveltiano, elogiato da Mussolini sul «Popolo d’Italia» del 7 luglio 1933 come salutare e necessario intervento dello Stato nell’economia.

Gentile prosegue, perché conosce bene persone a lui vicine cui un tale chiarimento è specificamente destinato: «Chi parla oggi di comunismo in Italia è un corporativista impaziente delle more necessarie di sviluppo di una idea che è la correzione tempestiva dell’idea comunista e l’affermazione più logica e perciò più vera di quello che si può attendere dal comunismo».

Corporativista ‘di sinistra’, protetto da Camillo Pellizzi (i cui scritti Gramsci legge e commenta in carcere), era allora Paolo Fortunati. Egli era, contemporaneamente, già affiliato al Pci. Autorizzato dal partito, aveva tenuto a Roma, pochi mesi prima (novembre ’42, nuova sessione nell’aprile ’43), la relazione di apertura al Convegno (di studi corporativi) promosso dai ‘gruppi scientifici’ degli istituti fascisti di cultura50. Ciò che egli disse in tale occasione, la necessità cioè di un’economia pianificata (modello sovietico), suscitò polemiche; ma Pellizzi lo proteggeva. Fortunati fu poi partigiano, senatore del Pci per cinque legislature e vicepresidente della Commissione Finanze e Tesoro. A figure di questo genere allude Gentile con quelle parole.

Il ‘corporativismo’ in quanto economia mista (Iri: un concetto per illuminare l’intero fenomeno) sopravvisse al fascismo e rimase un perno. La ‘terza via’, o, come Gramsci la definisce nel Q8, la «via media» fu, nei circa quarant’anni di vita postbellica del Pci, l’orizzonte degli eredi di quegli «impazienti» (in certi casi – come per esempio quello di Fortunati – non si trattava di ‘eredi’ ma delle stesse persone attive allora e attive poi). Poi, nei circa trent’anni successivi al Hara-kiri deciso da una parte del vertice del Pci (1989) e protrattosi, in successive convulsioni e metamorfosi, fino alla attuale disintegrazione mentale e pratica, gli ex «impazienti» si sono convertiti al più acceso liberismo in economia e al ‘liberalismo’ in politica. Hanno sterminato quanto restava della cultura e dell’etica di partenza (e, quando possibile, rimosso anche le persone). Non resta più nessuno; e quella larva di formazione politica che viene chiamata, in modo insapore, «partito democratico» è abitata da



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